E’ l’anno del coronavirus, accendiamo la tv e le favole scarseggiano, però una ve la voglio lo stesso raccontate perché, ogni tanto, abbiamo bisogno di  una favola.
Una favola che parla di un miracolo rimasto incompiuto e forse anche questo senso di incompiuto, rimarrà poetico senso di ingiustizia karmica sospeso tra rabbia e quella necessaria punta di romanticismo.

Fa male un campionato sospeso, ma prima c’è la salute e non è una frase fatta. C’è il rispetto verso la gente che frequenta questo grande circo che è il calcio e che deve essere salvaguardata e tutelata.
I filosofi definirebbero la Lazio  “un cigno nero”,  ovvero  un evento imprevisto che ha effetti su ciò che lo circonda e che, a posteriori, viene razionalizzato inappropriatamente.

Difficile da prevedere e molto raro, che esula da ciò che normalmente ci si aspetta, ad esempio la Juve che scaglia due volte dai biancocelesti in meno di un mese. Le distorsioni psicologiche che impediscono alle persone di cogliere il ruolo enorme nell’andamento della storia. (Campionato nella fattispecie)
Il destino è stato cinico e baro, ma credetemi, tutti si sono accorti di quello che siamo stati.

E lo dico fuori dai denti con tutta onestà; solo due squadre potevano considerarsi degne del Tricolore, una è la Lazio, l’altra è l’Atalanta. Tutto il resto era noia, anche l’Inter.

Bene, al momento non so se questa favola potrò raccontarvela fino in fondo, posso solo pensare a dove siamo rimasti.

La Lazio era una rivelazione?
Forse fino ad un certo momento, ma non stiamo parlando di una neopromossa come fu il Sassuolo in Europa League, si deve tenere conto di una realtà italiana che da anni è presente fuori i confini del Belpaese e solida in Coppa Italia.

Certo non ci si aspettava  fosse proprio la gang di Simone Inzaghi poco mercato a basso costo,  il famoso bastone tra le ruote tra Juventus ed Inter.

La Lazio avrebbe meritato lo scudetto e non lo dico da laziale, lo dico per una un fondamento su cui si costruiscono le favole:
Non è sempre il più ricco a trionfare, una serva divenne regina con tanto di scarpetta di cristallo.
Scomoda, per carità, ma sempre di cristallo era!
Alla fine anche il monopolio della Juventus doveva lasciare il passo alla novità e forse, l’anno sarebbe stato proprio questo.

La Lazio  è costata poco rispetto a quanto speso tra Milano e Torino.
Eppure Lotito ha la ragione dalla sua parte, senza nemmeno riparare nel mercato invernale.

Il paragone è presto fatto con il Leicester di Ranieri che, in una Premier dominata dai lussi e da stipendi milionari, spintonò via tutti quanti con una formazione di “scommesse vinte”.

E mentre gli altri chiacchieravano, Inzaghi tirava avanti e continua a macinare chilometri e chilometri in classifica sfatando tabù e raggiungendo record.
In barba al Sarrismo, alla bellezza stilistica del calcio, a CR7, la Lazio era lassù.
E non solo, abbiamo anche battuto Conte al suo stesso gioco, quello della razionalità e del pragmatismo in campo.

Ordunque, ci sono milioni di ragioni perché la Lazio avrebbe meritato il Tricolore proprio come meritò Ranieri col suo Leicester.
Una su tutte perché raccontava la favola dei grandi lavoratori, degli eterni esclusi, di quelli incompiuti, lontani dai proclama, dal marketing fuffa, quelli che sono lassù senza aver fatto investimenti faraonici.
Una favola come ce ne sono tante nel calcio, dall’Inghilterra sino alla Capitale.

E mentre gli altri piangevano, sbraitavano, chiacchieravano, noi stavamo vivendo il grande sogno.
Continuerà o non continuerà, lo ricorderemo sempre così: una favola incompiuta.

  

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *